![DAVANTI AL TIRRENO UN CAPOTRENO, COME UN BAMBINO FELICE [GALASSIA UNO – RACCONTI ALL’ INFINITO / 21] DAVANTI AL TIRRENO UN CAPOTRENO, COME UN BAMBINO FELICE [GALASSIA UNO – RACCONTI ALL’ INFINITO / 21]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/07/pexels-aulsh99-2860703-scaled.jpg)
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DI WALTER GALASSO

Una brulicante, cheta massa, dentro l’invisibile tempo d’una giornata estiva e amena. “Ciuf ciuf”, un futuristico treno entra nella stazione di questa località costiera. Emanano bagliori -show a macchia di leopardo- dalla sua gagliarda carrozzeria, quando i raggi del settentrionale e superno Sole, re dei re lassù, ne baciano con involontaria bonomia i geometrici profili. Gibigiane flash, wow!, al diavolo l’indifferenza: questi riflessi sono imperdibile evento, spettacolo che attira, mai ossessivamente, l’attenzione e insuffla estasi negli animi degli spettatori, con qualche analogia con una magnetica seduta d’ipnosi.
Molta gggente viaggia, fra spicchi di masochistico stress e atomi d’una felicità che accade soprattutto quando vuole lei -solo ogni tanto un essere umano prima la progetta e poi la attinge in una ghiotta apoteosi-. Il serpentone, stracolmo di bagagli come l’inconscio di ogni individuo è zeppo di monchi rimasugli di esperienze un po’ dimenticate, decelera con garbo, ligio al galateo dei veicoli. Qualche sua parte cigola, ma nessun olio potrà mai debellare questa imperfetta eco del suo dinamismo.
Nella motrice il controllore, Giorgio, sorride al macchinista, molto più giovane, Mario. Poco fa ha finito di dirgli, con un tono simile a una confessione in camera caritatis, che lui ha trascorso su un treno, nel corso della sua lunga carriera, ben dodici notti di San Silvestro e in una ha addirittura stappato una bottiglia d’italianissimo spumante. Così ha parlato il decano per vantarsi con l’inesperto pivello, nato l’altro ieri e assunto ieri, ma il novellino non ha afferrato il senso del pomposo aneddoto. Anzi, dietro l’ipocrita facciata, che ha fatto i complimenti di rito all’epico narratore, ha pensato che il brizzolato Giorgio, nel prendere quell’argomento, avesse commesso l’errore di saltare d’Arno in Bacchiglione, e pure doppiamente, sia perché prima dell’autocelebrazione stavano parlando d’altro, sia perché corre il mese di luglio, quindi “mo Capodanno c’entra meno di un cavolo a merenda”, ha pensato dietro le quinte, mentre davanti gli regalava falsissime lodi. Ah, Mario Mario, ma come fai a non capire?…
E Mario non solo non capisce, ma ha l’impressione di percepire un avallo della sua perplessità quando, il treno finalmente fermo, si spalancano le porte di carrozza e, op là, un edonistico, eccitato, gaudente battaglione di vacanzieri ne scende impaziente, ognuno impregnato, dall’alfa all’omega della propria personalità, d’una frenetica voglia di sabbia, acqua, pelago, onde, ombrelloni, palloni, svago, refrigerio, e compagnia bellissima. Il giovane pensa “ecco, qui ed ora l’estate trionfa, altro che la mezzanotte del trentuno di uno sfigato che la passa lavorando”.
Dall’interno dello scalo si riversano all’esterno, dopo un passaggio davanti a due sportelli front office della ‘Biglietteria’, i pendolari della balneazione. Non sono cappati membri del jet-set. Zeru tituli -per dirla con il famoso Mou di Setúbal- nel palmarès della carriera. Yacht sibaritici? Nisba. Reggia a Capri? Idem. Bungalow su acqua a Bora Bora? Solo nella mente di qualche rosicone, quando stramaledice i paperoni che nella camera da letto hanno affisso, sul talamo, la scritta “Più conquibus = Più Libertà”. Ma non fa niente. La gente semplice, a parte l’hobby dell’invidia, strada facendo, man mano che diventa sempre più brava a digerire le disuguaglianze sul pianeta, non solo sa accontentarsi, ma è performante anche nella capacità di vedere l’essenza di entità belle, come il mare. Quel nettuno a cui tutti si stanno dirigendo con genuino entusiasmo è gemellato con quello di Capri, e solo una miliardaria capra può asserire il contrario.
L’ambiente geografico, lo spazio a queste latitudine e longitudine ospita la loro gaia marcia. Qualcuno, con un inguainato ombrellone a tracolla, ha, stampata sul volto come un biglietto da visita del suo orgoglioso ottimismo, un’espressione che sembra voler dire, in ultimissima analisi, “Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci sono miei colleghi”. Un giovane sulla quarantina -lui sente addosso la metà degli anni…- avanza ritmico, divora con musicale gradualità la dannata distanza fra sé e la libidica battigia. Il suo animo non solo vuole staccare la spina, collettore maschio che simboleggia il suo scoglionamento lavorativo, ma anela anche, e nello stesso tempo, a cancellare la stessa presa femmina -ma come fanno gli elettricisti e i ruvidi aficionados di una ferramenta a usare questa terminologia senza vergognarsi?…-. Oggi il pianeta Lavoro non ha diritto di cittadinanza in un bagnante con la salsedine nell’ombelico dei suoi desiderata. Ma questo tipo è in buona compagnia. Molti soggetti, intorno a lui, sono tali e quali.
Già si sente quell’inconfondibile odore, bromofenoli e iodio e… Sulle vetrine dei negozi l’esca “Saldi” non attacca, ché gli stabilimenti, anche se le tasse che pagano sono una barzelletta, risultano oltremodo più magnetici. Ma ancor più virali sono gli interstizi free e demaniali, GRATIS profuma quasi come la migliore area del Mar Tirreno. Comunque non è il momento di gare fra tipologie di approccio alla festa equorea, tutto va bene, purché bagno e gioco e fresco siano in auge quanto prima.
Kermesse terra terra, anzi sabbia sabbia, di animazione turistica con musica d’antan -bum bum, in salsa d’anni Ottanta ruggenti e trash e superatissimi- contribuisce a rendere il meraviglioso confine fra territorio comunale e acqua marina ancora più frizzante, per certi versi dionisiaco.
Max, uno dei viaggiatori già a bordo del suddetto regionale, un impegnato guaglione che ieri ha raccolto firme, in una centrale via di Roma, per patrocinare una nobile causa, e oggi è venuto in questa amena località per trascorrere una distensiva giornata di balneazione, in un flashback si ricorda del controllore, il matusa Giorgio, e, credendo che sia ancora nell’esercizio delle sue funzioni (e delle sue finzioni), un po’ si dispiace. Nel brevissimo lasso di tempo in cui ripensa a lui lo interpreta come un povero diavolo, costretto a sgobbare mentre altri se la spassano.
Si sbaglia in parte, perché dopo qualche ora lo rivede, stavolta sbracato, pure lui al mare. Dopo il viaggio dell’amarcord il suo turno è finito, lui abita in questo paese e adesso s’intruppa, anche se in un ruolo non da protagonista, nel popolo dei bagnanti. Max, che se lo ricorda con un volto scocciatissimo in mezzo alla sua uniforme come tante, adesso lo vede diversissimo: pantaloncini di una taglia più grande, ciabatte infradito, una camicia -bagnata all’altezza delle ascelle- che s’agita alquanto agli eolici soffi d’una brezza gradevolissima, e con le braccia conserte. Guarda il Protagonista, il Mare, e gli occhi sorridono più della bocca.
Il capotreno adesso è simile a un bambino felice. Forse il macchinista Mario aveva ragione…
Walter Galasso
Io non ho parole davanti alla bellezza di questo racconto: l’armonia della lingua, la bellezza dei dettagli, gli immancabili spunti umoristici e insieme di profonda riflessione e la capacità del narratore di farti respirare la freschezza e la poesia di questo momento. GRAZIEEEEE!!!