UNA PROPOSTA:  LANCIARE UN SOS A UN PARENTE DI TARANTASIO,  IL “CANE A SEI ZAMPE”  ENI   [Writers e Tarantasio – 8;  RACCONTO  (FAVOLA);  Comuni:  MILANO,  LODI,  BERGAMO,  CREMONA]

UNA PROPOSTA:  LANCIARE UN SOS A UN PARENTE DI TARANTASIO,  IL “CANE A SEI ZAMPE”  ENI   [Writers e Tarantasio – 8;  RACCONTO  (FAVOLA);  Comuni:  MILANO,  LODI,  BERGAMO,  CREMONA]

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DI WALTER GALASSO

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   Una notizia cattiva e una buona, intrecciate nello stesso arco cronologico.
   La prima: nessun passo in avanti nella lotta all’emergenza cagionata dal mostro Tarantasio. I risultati ammontano a 0,0, e questo vuoto numero somiglia a un paio di occhiali che, essendo con vetri al posto delle lenti, non giova affatto al miope che li inforchi. Quando, in un processo -in fieri- finalizzato alla risoluzione di un problema, la soluzione sia ancora lungi ma almeno qualche scopo sia stato raggiunto, è possibile, in un elastico work in progress, fare assegnamento su questi parziali portati per rendere più probabile l’attingimento della Meta finale. Qui, invece, la macchina dei soccorsi è come un’automobile ferma e con il motore in folle: si sente il grado zero del brum roarr roarr brum, ma la trasmissione è in standby, per così dire, nessuna marcia è ingranata, ergo se qualcuno, sentendone il rumore, pensi a un movimento del veicolo commette, in sterile rima, un errore.
   L’invisibilità di Amro Lampugnano, che, incaricato di farsi latore di un’ambasciata presso i graffitisti, sembra evaporato durante la Missione, simile a un latitante primula rossa, è solo la punta dell’iceberg. L’insieme di reazioni al guaio “Tarantasio” è la produzione monstre di tanto baccano per nulla. Le stesse forze militari allertate non implicano tout court una sensibile evoluzione della faccenda, sia perché non è dato di prevedere, qualora il drago si materializzi, in quale preciso modo possa mettere a repentaglio la collettiva incolumità, sia perché l’uso della violenza -in questo caso un rimedio che potrebbe essere adottato obtorto collo in una situazione critica, come extrema ratio- è sempre una toppa che può risultare peggiore del buco. Tarantasio, meglio ripetere questo fondamentale concetto, a Milano e in Lombardia è un alto simbolo, un denso valore, un positivo punto di riferimento nella e della opinione pubblica. Nessun Esercito, in nessun contingente frame, si può permettere a cuor leggero di sparargli, pur al netto del pericolo, almeno potenziale, che quella creatura rappresenta. Ecco perché si è pensato ai writers, che invece, in questo elettrico soqquadro, incarnano una chance culturale, potendolo osteggiare senza fargli troppo male, così salvando capra drago e cavoli. Ma questi giovani, almeno per il momento, non sono stati ancora contattati, e si ritorna al punto di partenza, e, appunto, rispetto agli auspici iniziali si è passati dalle stelle (della speranza) allo stallo.
   Questa cattiva novella si abbina, però, con una ‘sorella’ buona, o almeno non negativa: è trascorsa una notte e l’emergenza non è degenerata. Ieri non mancavano, nel bailamme non privo di leggende metropolitane e fake news, quelli che paventavano un attacco di Tarantasio in nottata. Invece, e fortunatamente, la luna, dopo aver preso il posto del Sole, alle prime luci dell’aurora gliel’ha restituito, l’alba pian pianino, crescendo con lenta velocità, è fiorita in un altro mezzogiorno, dalle 12 sono poi trascorsi più di duecento minuti, e il preconizzato patatrac non si è verificato. E se una notte non è stata un sinonimo tout court di un attacco del nemico, allora vuol dire che nessun’altra dovrà per forza esserlo.
   Mirco, alieno dal viziaccio, accio davvero, di accorgersi appieno di un bene solo quando non lo si ha più, in questo momento, seduto e pensoso dietro la sua scrivania, riflette proprio su questo piccolo pro, esclamando fra sé e sé “Meno male, almeno questo!”.
   A parte ‘sta (magra) soddisfazione, però, il vicepresidente ha un diavolo e mezzo per capello, e si vede. Le sue palpebre, da qualche ora a questa parte, fanno su e giù con maggiore velocità rispetto al solito, in un’accelerazione sintomatica del suo incipiente burnout, e non è da escludere che tale segno di stress possa degenerare, alla lunga, in un vistoso tic.
   Questa sua meditazione riempie l’attesa di un certo dottor Leonardo Gerundio -sì, questo personaggio ha un cognome, neanche a farlo apposta, quasi identico a quello del lago in oggetto-, un broker che ha fatto un pazzesco pressing per chiedergli e ottenere udienza. Gli ha fatto sapere che ha qualcosa di molto importante da dirgli, non una panacea antiTarantasio ma quasi. Un millantatore? Uno spacciatore di fumo? Il dottor Obiettivo lo sospetta, ma nel dubbio ha acconsentito a riceverlo: non si sa mai. Certo, l’amministratore non ha voluto ufficializzare questo rendez-vous, che accadrà, per così dire, in camera caritatis, al riparo da mass media indiscreti. Il politico, alquanto scettico, è comunque curioso di sapere quale piano costui suggerisca.
   Mirco deve pazientare ancora qualche minuto prima di svelare l’arcano. Finalmente spalanca la porta una sua segretaria, l’impeccabile Giulia, e gli dice che il signor Gerundio è arrivato e sta aspettando in anticamera, chiedendogli se possa farlo entrare. “Sì, sì, grazie Giulia, digli che può venire”.
   Il colloquio, non privo di sfumature surreali, dura poco meno di venticinque minuti. L’ospite, un distinto signore sulla cinquantina, elegante ma senza esagerare e risultare trash, dotato di buona parlantina, avanza una proposta con l’atteggiamento del deus ex machina che sciolga, con una provvidenzialità metafisica e terra terra al tempo stesso, un intricatissimo nodo. Leonardo introduce il suo metodo presentandolo nientepopodimeno che come un esempio del cosiddetto Rasoio di Occam. Secondo lui per ammansire Tarantasio bisogna chiedere aiuto a un boss che, se tanto gli dà tanto, già nell’apparire al suo cospetto lo addolcirà, per un semplicissimo motivo: è nato, negli anni Cinquanta del secolo e del millennio scorsi, quasi a sua immagine e somiglianza. Il pragmatico Leo non ha dubbi: è d’uopo rivolgersi all’iconico “Cane a sei zampe” -quattro gambe dell’automobile e due del guidatore-, celeberrimo marchio e logo dell’Eni. Chi l’ha creato, Luigi Broggini, e Giuseppe Guzzi, che l’ha rifinito e presentato al concorso, sulla rivista “Domus”, indetto da Enrico Mattei e presieduto da Giò Ponti, si è ispirato proprio a Tarantasio. C’è dunque parentela fra Cane e Drago, e quest’ultimo, alla luce della tipologia della cognazione che li lega, non può che essere lusingato da questo suo figlio e figlioccio, tanto potente quanto equivalente a una prova plastica, a tre dimensioni, di un grande rispetto verso la sua importanza.

Walter Galasso