SCIACALLI  CALUNNIANO  WRITERS   [Writers e Tarantasio – 7;  RACCONTO  (FAVOLA);  Comuni:  MILANO,  LODI,  BERGAMO,  CREMONA]

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DI WALTER GALASSO

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   Serata ferita, atmosfera impregnata di ansia, la pace messa a soqquadro da un subbuglio insolito. I timori legati al probabile risveglio di Tarantasio esulano dalla possibilità che i soggetti eminentemente deputati a osteggiarlo possano orizzontarsi, in questa epica Mission, con una competente cognizione di causa. Non esiste specialista che possa, con un know-how a prova di qualsivoglia difficoltà, mettere a punto un infallibile piano. Una road map dove cristallizzare, nero su bianco, uno scientifico ruolino di marcia? Un think tank di sapientoni in grado di guidare con ragione i difensori della Regione? Magari!
   La società è piena di guru uru uru, di maestri di pensiero che, aspiranti onniscienti, vogliono dire sempre l’ultima parola, di presunti supermen che pontificano sull’universo mondo, estraendo da una manica un subisso di teoretici assi e montando in bigoncia, impancandosi a colleghi di Aristotele e Kant. Stavolta, però, il loro desiderio di salire su un piedistallo e flexare le proprie competenze, gabellandole per panacea atta a risolvere ogni problema, si affloscia, come la gagliardia di un guappo di cartone di fronte a un avversario di diamante.
   Non c’è trippa per gatti. Quando il gioco si fa duro delle due l’una: se sei un duro scendi in campo, altrimenti te la squagli, resti sottotono, sai che il bluff e la presunzione sono lussi vietati. Con quel drago, com’è proprio il caso di dire e scrivere, meglio non scherzare con il fuoco e meglio non millantare troppo una propria capacità di metterne kappaò il cupo antagonismo. E le mezzeseghe che in genere se la tirano, avvezze a darsi arie e usurpare protagonismo sociale, hic et nunc si rendono conto che se si azzardano a proporsi come salvatori della patria corrono il rischio che qualcuno, per esempio un’Autorità competente, le spinga ad andare al fronte. No, stavolta non si sta ripetendo la solita solfa dei teatrini sociali in cui persone assolutamente normodotate rubano centralità entro il perimetro della scena mondana e politica. Qui ed ora aleggia nell’aria un’irriducibile inquietudine, fifa blu travestita da scetticismo.
   Grava sulla popolazione una misteriosa minaccia, che emana un non so che di metafisico. S’intecciano, in un plot in parte pazzo e in parte folcloristico, confusione culturale, spaesamento psicologico, forsennati calci sferrati dall’inconscio di tre, trecento, tremila e più anime lombarde. Chi è davvero Tarantasio, e qual è il peso specifico del suo posto nell’immaginario collettivo? Perché, se è vero (come sembra vero) che è ritornato a galla dal nulla in cui era stato lungamente in letargo, lo ha fatto proprio adesso? Domande destinate a non tranquillizzarsi in risposte dopo i loro punti interrogativi, che restano l’ultima frontiera del raziocinio prima di un’oceanica distesa di dubbi.
   In tutto questo serale e notturno ambaradan, in questo maelstrom in cui le certezze sono retrocesse a insipide ipotesi, solo un’idea è parsa, come antidoto alla sconfitta, sufficientemente idonea a fronteggiare l’emergenza: i writers. E Mirco Obiettivo, uno di loro nel suo preterito, un ex che sa scorgere il loro valore in mezzo a un’ottusa sequela di banali pregiudizi -sa che l’assenza in loro di paura e il loro amore per il territorio sono fattori che li rendono possibili vincitori nel match contro il drago- non ci ha pensato due volte: gli ha lanciato un garbato S.O.S. mediante il suo collaboratore più fidato, il bravo Amro. Il quale, però, non sta ritornando.
   Piove sul bagnato. Questo imprevisto non ci voleva, rende dannatamente più complicata una situazione già grave. Il possibile veicolo dell’attingimento dell’agognato ‘antiproblema’ si è trasformato in una crisi alla seconda.
   Nello staff del politico c’è chi, invidioso del suo braccio destro, sta cogliendo artatamente l’occasione per iniettare nell’ambiente idee brutte. Fioccano le interpretazioni (della sua latitanza) che sparano sul vicepresidente semi di un possibile peggioramento del suo stato d’animo. Forse il signor Lampugnani, nonostante l’elettrica crisi in corso, se n’è fregato in modo indecoroso, e non sta attendendo -per chissà quale edonistico motivo- al suo delicato dovere: questa la chiave di lettura che un bastardo, Ciccio Politano, uno che vorrebbe tanto stare come nessun altro galoppino nelle grazie del capo, sta cercando di insufflare nel dottor Obiettivo, con la scusa di suggerire di inviare un altro ambasciatore dai graffitisti, per non lasciare nulla d’intentato. Questo filibustiere, viscido stronzo, matricolato pezzo di mediocrità, cerca di mettere una pulce nell’orecchio del boss, tenta di screditare ai suoi occhi Amro, e questo perfido conato di lavaggio del cervello avviene in modo astuto e sibillino. Il signor Politano, infatti, non sbertuccia direttamente l’onore professionale del collega, dicendo “sta dimostrando di essere un incapace, ergo urge un’alternativa”. Si limita a consigliare al suo superiore l’invio di altri emissari, per non correre il rischio di apparirgli uno che voglia soprattutto, nel proporre un Piano B, parlar male del suo pupillo -è certo di far fare al competitor un’implicita figura di merda anche così-.
   Costui ignora che Mirco la sa lunga, è un capitano di lungo corso, non è nato ieri. Il vicepresidente, pienamente consapevole del secondo fine che inquina a priori questi consigli, del tutto non richiesti, li ignora tout court. Ciccio parla e sparla, lui non lo caga.
   Non prende invece sottogamba, purtroppo, un altro tipo di ‘consulenze’ in malafede: le parole di chi, nel suo entourage, non sta escludendo che i writers possano aver fatto del male al suo dipendente. C’è un dottore in Giurisprudenza, un avvocato delle cause perse, il dottor Alvise Auriga, che propende, nel tentativo di spiegare come mai Amro sia scomparso dal raggio d’azione dei radar, per l’ipotesi che quei ragazzi, da lui equiparati a sciacalli, lo abbiano rapito, nella prospettiva di chiedere, in cambio della sua liberazione, un abbondante riscatto.
   Un atteggiamento diverso e al tempo stesso uguale rispetto a quello di Ciccio Politano. Denominatore comune: lanciare fango, a mezzo calunnie, su qualcuno inviso all’animo del lanciatore. Cambia solo, in questa meschinità, il bersaglio: Ciccio vuole fare le scarpe a un parigrado per prenderne il posto nelle grazie del capo; Alvise, un reazionario pirla che detesta in modo feroce i writers, vuole cogliere l’occasione per presentarli per l’ennesima volta come giovinastri criminali.
   Gli unici sciacalli, in questa vicenda, sono questi due bastardi e chi gli somiglia.

Walter Galasso