![UN BALUBA IN AUTO BLU. NON SA NULLA DELLA LOMBARDIA, MA VUOLE DETTARE LA LINEA: NO WRITERS [Writers e Tarantasio – 10; RACCONTO (FAVOLA); Comuni: MILANO, LODI, BERGAMO, CREMONA)] UN BALUBA IN AUTO BLU. NON SA NULLA DELLA LOMBARDIA, MA VUOLE DETTARE LA LINEA: NO WRITERS [Writers e Tarantasio – 10; RACCONTO (FAVOLA); Comuni: MILANO, LODI, BERGAMO, CREMONA)]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/08/1754808808215_xn63ps_2_0.jpg)
DI WALTER GALASSO

Un punkabbestia, sciatto e orgoglioso, sembra in letargo, ma la sua fenomenologia, limitrofa al suo fedelissimo cane, inganna. No, il giovane non è in preda a un abbandonato alloppiamento. Medita, mentre sta riposando il suo strumento, una chitarra ch’egli suona ogni tanto, quando gli va. Anche lui, Gioele Malagù, pensa a Tarantasio, al perché e al percome proprio ora si è svegliato. Ne ha un po’ paura, ma crede che sia una creatura a suo modo affascinante, e soprattutto un suggestivo simbolo della Lombardia. Cammina nei suoi paraggi uno yuppie, diretto a un prestigioso bureau. Fra i due solo un denominatore comune: pure questo azzimato e rampante professionista sta pensando al drago. Ne ha un fobico terrore, e crede che sia uno sciocco errore dargli importanza culturale.
In città il suo mezzo ritorno -mezzo perché ancora il colosso non si è materializzato, in un vedo e non vedo del suo mostruoso spauracchio- è conosciuto dai più, ed è diventata di dominio semipubblico pure la sparizione -si spera provvisoria- di Amro Lampugnano, il collaboratore del vicepresidente, che gli ha affidato il compito di agganciare i writers, per chiedergli di spendersi nella lotta contro il nemico, e ad oggi è un desaparecido. Il suo boss, asserragliato nel suo ufficio, sta cominciando a sospettare che…
Squilla un telefono fisso, e contemporaneamente un suo smartphone. A quale apparecchio dare la precedenza? Il cervello esita, l’istinto opta per la rete mobile. Comunque, anche se il politico non lo sa e non può saperlo, entrambi sono veicoli tecnologici della stessa notizia: è in arrivo Giulio Marchetta, il sottosegretario di un Ministro, Aldo Pretto, che, impegnato all’estero per impegni improcrastinabili, ha affidato al suo giannizzero l’incarico di occuparsi della patata bollente “Drago”, in quel di Milano.
Mirco reagisce a queste news in modo ipocritamente binario e falsamente bonario. Educatissimo via telefono -gli tocca: nella fauna del potere non è possibile non rispettare un superiore, anche se il mandarino non lo meriti-, fra sé e sé adesso sta sbuffando, dopo aver assicurato all’interlocutore -il braccio sinistro del braccio destro del Ministro, una catena in rima- che riceverà Sua Eccellenza con rispetto ed entusiasmo. Un’eterogenea sequela di “uffa!”.
Innanzitutto non sopporta il Marchetta. Reputa che sia un pirla, un cretinetti che intanto sta sulla sua poltrona, nell’ambito del Palazzo nazionale, in quanto è caro al suo leader. Il dottor Obiettivo ha le idee chiare sul loro rapporto: il principale è il ‘pappone’ del suo cocco minchione. Deve però, va da sé, occultare nella sua interiorità, come un segreto di stato d’animo, questo giudizio. Ufficialmente Giulio riveste una carica importante, superiore alla sua, ergo, a tenore della logica gerarchica, Mirco gli deve tributare il dovuto rispetto, senza se e senza ma e senza “ma vaff…”.
Motivo numero due -last but not least- del suo malcontento e della sua larvata idiosincrasia: secondo lui di Milano e della Lombardia Giulio sa poco e niente. Già il fatto che stia facendo l’annunciato blitz per dire la sua sul ‘giallo’ inerente a Tarantasio lo urta, egli partendo dal presupposto che se il Marchetta può impancarsi a deus ex machina -con consigli o, peggio, ordini e diktat- del problema in corso, allora un bambino di tre anni può guidare uno shuttle nello Spazio.
Questo suo giudizio tranchant è, almeno in parte, un pregiudizio, perché in ultima analisi Mirco non ha avuto davvero modo di conoscere e studiare da cima a fondo, dall’alfa all’omega, il sottosegretario. Però per una volta un pregiudizio curiosamente coincide con la verità, grazie all’infallibilità del suo fiuto. È così esatto questo paradosso che basta un piccolo dettaglio, come info illuminante, per avallare l’opinione del vicegovernatore: è la prima volta che il sottosegretario si reca ufficialmente in Lombardia. Non ha mai avuto a cuore le sorti di una così bella e importante Regione, non gliene frega niente, non conosce i suoi record a vari livelli, eppure a breve vorrà, a nome del suo capo, dettare la linea e dire, nella tenzone contro l’animale, cosa si debba fare e cosa no.
È dato di presumere che, nel tentativo di usurpare il timone di questa battaglia regionale, farà qualche frittata, ne combinerà di molti colori, prenderà qualche granchio, incompetente e… Un’esagerazione questo pessimismo? Magari! Le cose nella realtà, sin dalle prime fasi del suo sbarco, sono addirittura peggiori rispetto alle suddette previsioni.
Quando, poco dopo essere uscito dalla sua automobile blu blu, inizia il suo colloquio vis-à-vis con il povero Mirco, un pourparler in camera caritatis, il dottor Obiettivo deve mordersi la lingua per non esclamare “Ma che c…. stai a dire, ciaparatt!”. Il padrone di casa gli spiega perché una sinergia fra Istituzioni e writers può risultare vincente nel fronteggiare l’emergenza, ma l’ospite boccia sul nascere la proposta, trattando i graffitisti come terroristi o giù di lì, sostenendo che lo Stato non può scendere a patti con tali giovinastri. “Caro dottor Obiettivo, non metto in dubbio che abbiano qualche chances, se lo dice lei mi fido, ma il mio No dipende innanzitutto da motivi di principio. Possono pure esercitare il mestiere di domatore di drago, non m’interessa, non sta bene rivolgersi a loro, così evidenziando, fra l’altro, che il Governo non si fida al cento per cento di se stesso. Qui, mi sembra ovvio, bisogna come minimo inviare nei territori più a rischio delle Forze speciali”. E continua la sua ordinatissima litania e liturgia, dopo che il vicepresidente, udito il suo pistolotto, ha pensato “Amen!”.
Meno male che ha preso la savia decisione di non parlargli dell’attuale flop di Manlio. Se il viceministro sapesse che quel collaboratore, inviato da quei ragazzi -secondo lui più bandoleri che esponenti della Street Art-, è scomparso nel nulla e ancora deve ritornare, sicuramente coglierebbe l’occasione per infangare ulteriormente la reputazione di quei giovani, sospettando qualche loro reato, come un rapimento a scopo di un meschino riscatto.
Il dottor Obiettivo -quando il pezzo grosso gli stringe la mano, si congeda e gli dà appuntamento all’indomani- si prefigge, con dolente rassegnazione, di dire a Manlio, non appena si fa risentire, di lasciar perdere il tentativo di catechizzare alla causa i graffitisti. Il viceministro non vuole, e lui, per spirito di servizio e senso delle gerarchie, gli obbedirà, sia pur obtorto collo. Mirco si affaccia a una finestra, vede il Marchetta che rientra nel macchinone, fiero di poter usufruire dello status symbol a quattro ruote. L’idea che quel baluba possa godere di quel privilegio, solo perché è nelle grazie di un potente, inietta in lui più un sarcastico divertimento che un fastidio etico. L’ex writer inizia a canticchiare, nella privacy del suo cervello, “Blu, le mille auto blu blu, le vedo intorno a me…”, poi aggiungendo “Mina mi perdoni”…
Walter Galasso