PASSARE LA GUADAGNATA CON  “POMICIATA”   [GALASSIA UNO – RACCONTI ALL’ INFINITO / 22]

PASSARE LA GUADAGNATA CON  “POMICIATA”   [GALASSIA UNO – RACCONTI ALL’ INFINITO / 22]

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DI WALTER GALASSO

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   Le azioni di eterogenee persone si intrecciano, in un mix di caso generale e responsabilità individuale. Denominatore comune: il movimento, e forse questa intersezione custodisce qualche superficiale sfumatura dell’immenso e invisibile mistero chiamato “Tempo”.
   Sorrisi, in mezzo a parole leggere e sotto occhi a caccia di immagini, lampeggiano come fanali intermittenti e divertiti. Davanti a una stazione, terra di nessuno e di tutti, oziano clochard senza gloria nella reputazione, e con un inconscio tale e quale a quello di un vip del jet-set. Ah, l’Inc… Una galassia dentro, non sopra e oltre il cielo. La Mission di capirci qualcosa è indiavolata pretesa, velleità tarantolata e affascinante, challenge da far rizzare i pochi capelli di un genio stempiato. Questa gggente fa finta di non ricordarsene. Esso è un complicatissimo, sfuggente tiranno che fa paura nella sua anarchica ingovernabilità. Mette a repentaglio autostime collaudate da millenni, si fa beffe dell’Io e dei suoi derivati, è una vastissima banca dati che gioca a rimpiattino e fa marameo a chi creda d’essere sicuro di sé.
   E allora l’uomo della strada e nella media, come il signor Guido Ansaldo, ama rimuoverlo. Guido -secondo nome: Mario-, sta spiando, come l’umarell di Fabio Concato, abbronzatissimi operai, che sgobbano in un cantiere a cielo aperto. Loro usano arnesi, lui la sua malinconica curiosità. È uno scapolo, non per scelta ma per iella. Intorno a lui non abbondano i cosiddetti amici, anche se costui non è un misantropo, anzi… Evidentemente risulta poco empatico, o forse ha il cinematografico fisico del ruolo di lupo solitario, e allora la sua soggettività, nei provvidenziali e istintivi meccanismi di un’autodifesa corazza, ha sviluppato la voglia di scrutare il lavoro, o anche lo svago, altrui. Forse vuole attaccare bottone, ma quei disinvolti proletari, ricchi non di quattrini ma di capacità d’adattamento, quando sono nel sudato esercizio delle loro funzioni non ammettono cesure, se non per sbranare, seduti su qualche gradino come un Buddha senza spiritualità, ghiotti panini -ognuno di diciotto chili- e bottiglie di birra tenute al fresco nell’ombelico della Siberia. La loro confidenza è dunque uno scopo off limits per l’irrelato Guido, il quale, capita l’antifona, si gira e se ne va, proseguendo una passeggiata senza precisa meta.
   Giovanni, invece, un po’ diverso dal tapino concittadino, si consola con Ciccio, il suo pet, tenuto al guinzaglio e portato a passeggio per fare la pipì. Quando questo italiano, in pantaloni banalissimi e una camicia non perfetta a livello estetico, è uscito dal suo appartamento, quasi trainato dal suo baldanzoso dog, ha pensato, poco dopo aver chiuso il portone come in un rito si cura ogni dettaglio, di avviarsi verso l’ennesima puntata della solita solfa. Un tran tran né trionfo né caporetto, meno effervescente d’una gita in vaporetto in quel di Venezia, ma più vivace del moscio bighellonare di un ciaparatt come Guido.
   Qui ed ora, invece, l’implicito copione della sua giornata, scritto da un regista fantasma, è stravolto da un fuoriprogramma che lo trascina, come un verricello, e risucchia, come un mulinello, in un tourbillon di pulsioni parzialmente spaesate. Sbuca da un vicolo una placida e piacente signora, Maddalena, anche lei in abbinamento con un animale da compagnia, anche lei insieme a un cane, anzi una cagna, Mela -non ci è dato di sapere il perché e il percome della scelta di questo nome-. Spesso, sui marciapiedi del mondo, quando si incontrano due cani interagiscono vivacemente, in una vasta gamma di possibilità, dal grado zero d’una prima e reciproca conoscenza a un mutuo studio più approfondito; da un’incipiente battaglia all’affiatata potenzialità di un flirt canino, eccetera. Stavolta, però, succede un’osmosi particolarissima, forse senza precedenti nella storia di questa città. I due esseri sono così in sintonia che qualche spettatore del loro feeling può reputare questo duo simile a una creatura degli Aracnidi: un solo organismo e otto zampe. Si attirano reciprocamente, non vogliono staccarsi l’uno dall’altro, anelano a conoscersi meglio, fra gioco ed esplorazione, comunicazione e intesa, viluppo di gesti e sviluppo di familiarità, alto grado d’amicizia e iniziale livello di sessualità.
   I due pet owners, polarità che di primo acchito si sono scambiate il minimo sindacale di parole -“Buongiorno”, “Buongiorno”- e, forse per timidezza, sono incluse nella probabilità di non conoscersi meglio, non possono non tener conto dei desiderata di Ciccio e Mela. Separarli traumaticamente, per ritornare ognuna nel programma del proprio brogliaccio, sarebbe crudele. La simpatia fra i rispettivi cani condiziona positivamente la loro indifferenza reciproca, trasformandola in un primo grado di parlante coesistenza.
   Maddalena, però, dietro questa elementare dialettica non pensa nulla dello sconosciuto, non prova né attrazione né repulsione, anche perché è un’integerrima mogliettina del suo Alfio -sta a casa, dorme come un ghiro, ché è andato a letto tardi-, tutta casa e spesa. Sarebbe scorretto pensare che questo maschio non le piaccia: semplicemente non si pone proprio il problema.
   Lui, invece… Questo mezzo protagonista, a differenza del conterraneo Guido, è sposato -l’anno scorso, al bar con amici di bisboccia, ha pensato di fare la battuta del millennio dicendo, dopo aver visto una bella ragazza, “ah, come mi dispiace essere mogliemunito!”-. La sua signora, però, Concetta, non lo fa impazzire. Il loro ménage include, fra masserizie e consuetudini, un’ospite sgradita, la Noia. In questo momento, mentre l’autrice e l’autore di bau bau e coccole proseguono nel rito romantico dei primi contatti, lui, dopo aver già scambiato una trentina di vocaboli con la donna, e avendo a tratti osservato con scientifica libidine il livello estetico delle sue grazie, spera che, da cosa nascendo cosa, magari, nella migliore delle ipotesi… Uhm, la tipa male non è, anzi il dilettante satiro, uno che si crede un intenditore di veneri, la vede, in ultima analisi, più bona della cantante Elodie. Mentre parla contemporaneamente a Ciccio -per dirgli amenità come “Dai, Ciccio, è ora di smetterla”- e alla carina casalinga, per “signora, qui si fa sera se li lasciamo liberi di…”-, pensa, fra sé e sé, che fra un po’, quando dovranno per forza esortare Mela e Ciccio a darci un taglio, lui deve fare un salto di qualità nell’abboccamento con la sconosciuta, magari dicendo qualcosa di brillante, così lei lo valuta un tipo in gamba e chiederle un bis di questo incontro potrà essere più facile.
   In teoria il progettino non è male, può dare frutti. Peccato però che, arrivato il momento di ‘sciogliere la seduta’, scelga parole sbagliate. Si rivolge al suo cane e “sei contento, eh, dopo la pomiciata!”.
   La signora, giustamente, non gradisce. Ne è culturalmente spaventata, vede nell’uomo un mezzo porco. Si gira, “Andiamo Mela”, e se ne va, senza nemmeno salutarlo, e il gelo del suo silenzio somiglia al fuoco di cento filippiche. Fine della trasmissione, prima ancora della sigla d’apertura.
   Ben ti sta, squallido Giovanni, così impari e la prossima volta, se mai ti ricapiterà, inizierai a corteggiare una donna donandole libri e fiori, come un gentleman, invece di passare la guadagnata.

Walter Galasso