![PER UN VILE È MEGLIO UN CAPPONE INTEGRATO CHE UN’AQUILA ICARO [GALASSIA UNO – RACCONTI ALL’ INFINITO / 19] PER UN VILE È MEGLIO UN CAPPONE INTEGRATO CHE UN’AQUILA ICARO [GALASSIA UNO – RACCONTI ALL’ INFINITO / 19]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/06/about_blank_34_copy_1061x1857.png)
DI WALTER GALASSO

Spazio: Repubblica “Banane”. Tempo: non importa. Il suddetto Paese, dicotomicamente suddiviso in una parte buona e una cattiva, ha nella prima tot virtù, nella seconda un sacco di viziacci, acci davvero, piaghe che ammontano al numero “tot + 1”. Sì, i difetti superano di un numero i pregi, per dirla con Shakespeare -“I due gentiluomini di Verona”-.
A prescindere dal risicato décalage, è certamente preoccupante che abbondino le cose che non vanno. Costituirebbero una desolante problematica anche se ammontassero al venti per cento della complessiva massa di caratteristiche. Figuriamoci, quindi, quanto sia deplorevole il fatto che la parte marcia dello Stato sia nientepopodimeno che la metà, o giù di lì. Sta scagliando questo j’accuse il dottor Luca Galateo, rompicoglioni doc, intellettuale avvezzo a protestare contro l’andazzo dominante.
‘Sto personaggio, spesso presentato come un ibrido mix d’un Dottor Sottile -pesante come un mattone- e un Grillo Parlante -incapace di tacer per quietissimo vivere- è collegato da remoto con una trasmissione televisiva, ed erutta una protesta elaborata con squisita testa -ancorché fisicamente non sia al top della forma, purtroppo affetto da una molesta emicrania, ma lui sa stringere i denti, campioncino della cosiddetta resilienza-.
È da poco tramontato un tele-duello da studio, fra una pasionaria di una mezza Sinistra e una sciura ideologicamente reazionaria-. Il barbuto anchorman le ha garbatamente zittite, senza esagerare con l’uso del suo timone mediatico, e ha dato la parola a Luca.
Questa fase, però, è inquinata da un immanente equivoco, perché il conduttore lo ha solennemente autorizzato a dire la sua nella misura in cui ha dato per scontato che l’ospite avvertisse l’esigenza di allinearsi, dal punto di vista contenutistico, con il precipuo argomento del programma, ossia la negativa congiuntura economica in cui la Patria versa da qualche settimana a questa parte. Luca, invece, non nuovo a esulare pubblicamente dal seminato, dopo qualche parola all’insegna d’una colta fuffa, proprio per fingere almeno un po’ un educato rispetto delle regole del gioco, all’improvviso salta d’Arno in Bacchiglione. Pretestuosamente deflette dalla retta via come in uno scisma una ribelle parte si stacchi dal suo insieme, e dà il la a una spettacolare polemica contro “un sistema traviato fin nel suo DNA, con germi di malaffare che s’intrufolano, spesso di straforo, nelle damascate regge del Palazzo e dei suoi dintorni…”.
Il boss del talk show, Alfio Morse, comincia, sia pur invisibilmente, a sudare freddo, pentendosi -non una ma novecento volte- di aver invitato un tipo così, un ciaparatt che non perde occasione per dire al momento sbagliato un concetto sbagliatissimo. Uhm, che gran voglia di dirgli “Vaffa!”, di punirlo con una paradigmatica umiliazione orale per il suo inconsulto intervento a gamba tesa. “Si stava meglio dianzi, quando si stava peggio mentre volavano gli stracci, in una batracomiomachia pro Auditel e share, fra le due vipere trisulche”: questo è, grosso modo, il significato dell’espressione che albeggia sul suo volto mentre quell’idealista continua a rompere l’anima con il suo pretenzioso pistolotto. Alfio è quasi buono e carissimo meno qualcosa, ma se gli fanno girare gli zebedei è capace di espellere, pur senza la propedeutica esibizione d’un cartellino rosso, un ospite che abusi della confidenza avuta.
Una precisazione: questo istrione, una vera bestia da palcoscenico, non nutre alcuna idiosincrasia verso un palloso Masaniello che voglia aizzare, a cacofonico suon di prediche polemiche, la gggente contro il sistema. Egli parte dal presupposto che oggigiorno più o meno tutte le dottrine risultino in ultima analisi usurate. Si è in una specie di scettico black-out d’una Verità con la maiuscola. Regna, a livello teoretico, una novella filastrocca d’opinioni, in una gazzarra in cui può vincere non chi abbia ragione, ma chi ragioni con la rabbia più utilitaristica e cool.
Un esempio è nello studio televisivo. Il signor Massimiliano Di Maggiordomo. Tu lo vedi e puoi pensare, per tutte le cattivissime smorfie che si accendono sul suo volto invasato: “Costui è un tipo disturbato”. Ex politico, poi ritiratosi sull’Aventino perché al suo Io andava di far così, quando mette nel mirino delle sue performances pseudoilluministiche qualcuno, e dal suo volto emana un Odio ferino e tribale, uno spettatore potrebbe pensare “Meno male che non è forte come Ercole, altrimenti potrebbe conciare il suo nemico come Santo Lazzaro”. Urla, sbraita, le palpebre sbattono come un tamarro possa voler svegliare tutti i vicini chiudendo in modo violentissimo, al testimone chiaro di luna, la pesante e cigolante saracinesca di un suo locale commerciale. Anche prima della suddetta diatriba fra le due donne è sbottato in esternazioni, al fulmicotone, contro un alto papavero di “Banane”, Giorgio Vassallo, reo, a suo dire, di nefandezze degne di essere punite con la reclusione del criminale in un’infuocata cella nell’ombelico della geenna. Eppure questa stessa persona è docile come un vigliacco agnellino verso l’attuale boss del partito in cui egli ha militato fino al suo sorprendente ritiro a vita semiprivata, il dottor Elio Ebbro. Alfio, valutando con obiettività super partes questo inquietante mandarino, lo reputa mille volte peggio di Vassallo, facile capro espiatorio nella narcisistica attitudine di Massimiliano a gettare fango addosso al prossimo. Nel constatare che il pavido Di Maggiordomo è un cacasotto nei riguardi del potentissimo onorevole Ebbro, non avendo nulla da ridire su di lui, il dottor Morse mica lo critica. Ma quale critica d’Egitto! Lo ammira, lo ammira, perdindirindina! La sua acquiescenza denota ch’egli sa stare al mondo, ha utilitaristico e scafato savoir-faire, non pesta piedi che è meglio leccare.
Nessun dubbio: il furbo Massimiliano ha una capacità che manca a Luca Galateo: modula la sua vis polemica e tarocca ad usum Delphini, quel tanto che basta, l’interpretazione della realtà, e l’animadversione contro i cattivi della cosa pubblica, affinché le sue proteste gli procaccino lodi ed egli appaia un eroe bravo a fare lo splendido. Il dottor Galateo, invece, con le sue accuse ad angolo giro appare palloso e si inimica, in mezzo a tutti questi trecentosessanta gradi, anche quelli in grado di tarpare le ali di un’aquila.
Alfio, mentre con un eloquente sguardo induce un tecnico a togliere la linea al rompicoglioni, e “chiedo scusa al pubblico, si è interrotto il collegamento, cercheremo di ripristinarlo entro la fine della trasmissione”, pensa, guardando en passant Di Maggiordomo, “meglio un cappone integrato che un’aquila Icaro”.
Walter Galasso