È SPUNTATO UN BERNOCCOLO, MA È QUELLO DEGLI AFFARI   [Bozzetto  39]

È SPUNTATO UN BERNOCCOLO, MA È QUELLO DEGLI AFFARI   [Bozzetto  39]

[IMMAGINE IN EVIDENZA:  “PERSONE DI FRETTA”,  MARCO LIPPI]

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DI WALTER GALASSO

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   Imperversa una dannata fretta, talvolta sembrando oculata, a tratti essendo sciocca. Per tot ore regna come una regina, detta legge, erutta ukase, che prendono in ostaggio la lucidità di un personaggio, Epaminonda. Sì, si chiama proprio così, un nome di battesimo che nella sua cerchia alcuni convertono in “Mino”, normale, altri in Epa -uhm…, c’è di meglio sulla piazza del pianeta nickname-, ma lui, dritto, preferisce “Onda”.
   Nella sua attuale sollecitudine, psicologicamente ammorbata da un non so che di spasmodico, di un’onda ha solo l’agitazione, mentre il suo comportamento a livello poetico non ne condivide affatto l’eleganza. È schiavo -ovviamente senza catene e senza un formale dittatore sulla testa-  di una patologica voglia di arrivare, sbrigarsi, tentare di emulare la superlativa velocità della luce.
   Qualche cattivo maestro  -urca, ‘sta società è piena di sedicenti guru, intellettuali da operetta che si credono colleghi di un filosofo e sono solo dei sosia d’una capra-  ha iniettato nel suo cervello “il tempo è denaro”, e forse il suo Io ripete ‘sto apoftegma come un mantra -appena sveglio, prima e dopo i pasti, e quando, alla fine del dì, è in procinto di addormentarsi-. E allora “Avanti tutta!”. Il giovane sgomita, accelera, rischia il fiatone, esecra gli ostacoli, dribbla le bucce di banana, aspirando a somigliare a un ghepardo in terra, a un falco pellegrino nei cieli.
   Yuppie -loffio e trendy al tempo stesso-, elettrico arrivista, invasato perfezionista della domenica, questo essere umano non si perita di alzare viepiù l’asticella, e fin qui merita “Bene, bravo, bis, ter!”. Però in mezzo alla mezza virtù si cela, in un nascondiglio  trasparente come un vetro, un vizio che è un asset boomerang:  il suo quoziente intellettuale, nell’adrenalina dell’urgenza, perde paradossalmente colpi, e regredisce, in una beffa miserrima.
   Mister Onda, alias Epa o Mino, in un’escalation della problematica in oggetto, in una sostanziale iattura alla seconda, assorbe come una griffata spugna tutta la nera rosa di input che provengono dalla parte negativamente ideologica dell’establishment. Non è un bebè, un soggetto di primo pelo, una vergine anima nata ieri, eppure, nonostante la sua distanza cronologica dal giorno in cui ha visto la luce -più di trent’anni fa: un’eternità in questa epoca che s’evolve in modo strepitoso ogni secondo d’ogni santo giorno-, il suo non visibile cervello non è ancora in grado di diventare, e rimanere, libero. Il signor Epaminonda non ha imparato a pensare al cento per cento a modo suo. Dipende da…, rispetta toto corde troppi padroni, si esempla su tanti, eccessivi modelli paragonabili a “ismi” monelli e cattivelli. Quando questo protagonista metterà finalmente giudizio? Vattelappesca la risposta.
   Intanto lui si spreme le meningi per trovare, magari grazie a una botta di sedere in salsa di serendipità, una panacea che gli consenta di fottere alla grande la spietata e micidiale concorrenza, un jolly che gli fornisca adorabili strumenti per radere al suolo, in un kappaò degno di entrare nei libri di Storia, tutti i suoi competitors. Fa finta, per essere fico pure nell’arte del fair play, di rispettarli, ma ogniqualvolta tributa o tributi a uno di loro qualche bella parola -questa ipocrisia accade con signorile frequenza-, la sua sincerità viene severamente punita dallo strumento atto a misurarne il livello: tot tacche perse in un battito di ciglia. Meno male che questo marchingegno ancora esiste solo nella fantasia.
   Epa ci dà dentro, sposa atteggiamenti che non fanno una grinza, plagia, senza farsi beccare con le mani nella marmellata, tutto quello ch’egli possa imitare impunemente. È una specie di piromane in senso lato, aspira a bruciare le tappe, e, spinto da questo ordinario anelito come da un motore Euro 60 -assolutamente encomiabile per la sua capacità di non inquinare l’ambiente-, si produce in reiterate performances a base di sveltezza e assonanza con il sistema.
   Lungi da lui criticarlo -lo = sistema-, prenderlo in giro, sfidarlo a duello, magari quando una parte dell’inculturale sporcizia che ne caratterizza qualche aspetto, per non dire altro, sia particolarmente sconcia. Nella sua eurovisione del mondo la razionalità di un attore sociale coincide, se questo cittadino sia integralmente capace di intendere e di volere e di voler primeggiare, con l’utilitaristica ottemperanza a ogni regola che consenta, se venerata, di essere in ottimali rapporti con il Potere. Contestarlo, polemizzare versus qualche suo mandarino, protestare il proprio dissenso rispetto ad atti ufficiali: per Epaminonda un siffatto atteggiamento è scellerata roba da obsoleti figli dei fiori, fuori di testa e pieni di pidocchi fra i lunghi capelli alieni da shampoo; significa un masochismo privo di frutti, una seriale attitudine a errori sesquipedali, un omaggio al depravato hobby di mettersi nei guai per una stupida vanità morale.
   La deroga ai canoni vigenti nel vademecum “Come entrare a far parte dei vip” per questo giovane è un handicap bello e buono, cioè brutto e cattivo. Chiunque abbia provato a fargli cambiare idea non ha cavato un ragno dal buco e ha fatto mestamente cilecca.
   Tempo fa un suo amico, Luca, non a caso diventato successivamente ex, gli imputò omologazione e cercò di spiegargli perché il significato di questo termine è un viziaccio. Viziaccio? Ma mi faccia il piacere! “Nella tecnica, caro lei, se un prototipo è omologato vuol dire che le sue prestazioni sono okay”: amen, con questa secca obiezione, preliminare alla definitiva rottura d’ogni rapporto diplomatico con quel barboso rompicoglioni, Mino comunicò, urbi et orbi, tutta la sua fedeltà alla saggezza dell’arrivista modello.
   E vogliamo parlare del tentativo -di fargli cambiare idea- posto in essere, quando lui era uno studente liceale, dal suo Prof di Educazione Fisica? Enzo Terno, un tipo alquanto intellettuale, nostalgico del Sessantotto, gli fece, in rima, un pistolotto, ed Epa “professò, a Milano va forte un proverbio,  <<Pasticciere fa’ il tuo mestiere>>.  Pensi a insegnare scienze motorie”. Rispedito al mittente, con un persiflage senza se e senza ma, il velleitario sermone.
   Ben si comprende, ai (pochi) watt di questo background, perché adesso Epaminonda, mentre come al solito va di fretta perché “time is money”, è certo, anzi certissimo, di essere nel giusto. Stavolta, però, per guardare ossessivamente il display del suo smartphone, immerso in una ricerca commissionatagli dal boss della sua azienda, va a sbattere contro un palo. E adesso? Tutto sommato gli va bene. Si busca un colpo, ma fortunatamente non grave. E, soprattutto, nessuno gli dice “Chi fa in fretta, ha disdetta”. Nello scontro ci sono un ‘contro’, una piccola bua, e un ‘pro’: un figurone con il Presidente: il secondo straccia il primo. Forse sulla sua fronte spunterà un bernoccolo, ma sarà soprattutto quello degli affari.

Walter Galasso