UN RICCO COMPLESSATO   [Bozzetto  38]

UN RICCO COMPLESSATO   [Bozzetto  38]

DI WALTER GALASSO

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   Rodrigo Levriero, personaggio di serie C, autoctono burino della città Pittà, osserva con inquieta, quasi morbosa attenzione, come un umarell zero zero sette, operai al lavoro in un cantiere edile.
   Questi umili proletari, alle dipendenze di un figuro che sovente li tratta male, perpetrando fetenti atti di mobbing, ne sopportano l’aggressiva pressione perché se mollano questo gagne-pain possono ritrovarsi in grandi difficoltà nel tentativo di trovare un’altra occupazione. Questo territorio è affetto endemicamente da molte problematiche economiche, diverse fabbriche, nell’hinterland, hanno chiuso i battenti, la sfera mercantile non se la passa meglio, e la disoccupazione dilaga, in un’escalation su cui qualcuno, lassù, nelle alte sfere del Palazzo, dovrebbe fare un focus. A queste latitudine e longitudine finanche molti giovani laureati sono a spasso, figuriamoci dunque come possa essere arduo per uomini adulti, senza il loro titolo di studio, riuscire nell’impresa di un reinserimento nel mondo del lavoro. E allora faticano a testa bassa, gettano sudore, sciroppandosi il tracotante modus operandi dello stronzo da cui prendono ordini -trova pretestuosamente il pelo nell’uovo per sputare, con voce stentorea, cazziatoni umilianti-.
   Rodrigo, mentre li squadra dalla testa ai piedi e ne nota la gagliarda robustezza, li invidia per questa forza.
   Eppure a livello finanziario lui sta mille volte meglio di quei manovali. Egli, bene inteso, non è un sardanapalo, però ha un negozio che gli garantisce una bella locupletazione, senza dover pagare un canone d’affitto perché il locale dove esercita il suo mestiere gli appartiene, e poi ha la fortuna di possedere diversi immobili, ubicati in centro. Queste proprietà rappresentano il pezzo forte fra le fonti del suo reddito, perché, qual mezzo usuraio, dai suoi inquilini egli pretende una pigione monstre. Due di questi immobili sono siti in una street, Via Garibaldi, dove i prezzi sono alle stelle, solo perché essa è la principale arteria urbanistica di questo capoluogo. È sede di struscio, di movida, la jeunesse dorée suole incontrarsi lì, tanta gggente ama passeggiare sui suoi marciapiedi:  questi e altri fattori di successo inducono i proprietari dei locali commerciali a trattarli, nella loro locazione, come galline dalle uova d’oro, dandoli in affitto a prezzi esagerati. Il signor Levriero è uno di questi satanassi, e munge alla grande queste vacche-proprietà, intascando un sacco di soldi senza muovere un dito. Egli è un soggetto abbiente senza versare particolare sudore, con un tenore di vita tanto dorato quanto facile. Si può permettere d’estate la vacanza al mare e d’inverno la settimana bianca, andando a sciare in elitarie località in compagnia della sua signora, Marta Paletta, una dama che si dà un sacco di arie pur essendo una mediocre mezza calzetta. Don Rodrigo, come lo hanno ribattezzato simpaticamente alcuni suoi amici, ha un costoso macchinone, una utilitaria come seconda auto, ha comprato alla sua dulcinea una vettura ibrida, un gioiellino di ultima generazione, con tanta tecnologia a bordo. E poi, quando il figlio, un vitellone né uti né puti, ha espresso il desiderio di una bella moto fiammante, lui lo ha subito accontentato, “caro Mario, per me è sempre una gioia farti qualche dono che ti renda felice”. Ah, che meraviglia il comfort a trecentocinquantanove gradi di un riccastro che possa spendere e spandere capitali senza il problema, dannato, di spremersi le meningi per riuscire ad arrivare alla fine del mese.
   Nondimeno il facoltoso cittadino in questo momento sta provando una meschina invidia per quei poveracci, che invece, dal punto di vista economico, a malapena riescono a non indebitarsi. Il motivo di questo suo atteggiamento può far sorridere qualche lettore:  Rodrigo rosica perché quei signori sono molto più possenti di lui. Più alti, con bicipiti da paura, un’espressione che la dice lunga sulla loro gagliardia in un’eventuale litigio per motivi di viabilità. Quelli -uno pare Ercole, un altro il fratello gemello di Sansone, e quello che sembra il più rispettato dal capo equivale a un armadio con le gambe e un cervello- menano all’uopo, si vede da un miglio. Il tapino Rodrigo, invece, sembra un contraltare alla loro maestà fisica.
   In altri periodi, in aree sincere del passato, quando ancora non era sorta la mentalità politicamente corretta, un tipo del genere veniva preso sistematicamente per i fondelli da soggetti avvezzi a sfottere le persone fisicamente ridicole -meno male che oggi questa mancanza di rispetto non accade, grazie a San Progresso-. E poi, problema nel guaio, ‘sto moscio personaggio è inerme, non è in grado, nel Far West della giungla sociale, di farsi rispettare. Si spaventa come una lepre anche se un tamarro, per atteggiarsi a duro, alzi la voce. Mister Rod è un cacasotto, un pusillanime, e questa debolezza cagiona in lui un segreto complesso d’inferiorità. Nel vedere quei colossi sospira con un pizzico di malinconica depressione, gli dispiace non essere come loro, è umiliato dal décalage fisico tra sé e quegli operai.
   All’improvviso in lui albeggia una specie d’insurrezione. Al suddetto complesso, che rappresenta nella sua psiche la parte egemone, si ribella un moto di orgoglio. Il gracile riccastro si chiede se sia in qualche modo possibile colmare questo gap, magari frequentando un circolo di arti marziali. “Ora che ci penso, Rocco è il titolare di una palestra di judo, mo vado a chiedergli informazioni”. Pensando a questo conoscente, un concittadino che abita nel suo palazzo, comincia ad allontanarsi dal cantiere e dagli operai. Li ha guardati abbastanza, si è un po’ scocciato.
   Oggi non lavora, ha molto tempo libero a disposizione, e mentre s’incammina verso la palestra del judoka, nel bel mezzo del match “complesso d’inferiorità – orgoglio” [attuale punteggio: 1 – 1], avverte contestualmente l’uzzolo di monitorare, nella promenade, le vetrine dei negozi che più gl’interessano: desidera, forse nell’alveo della cosiddetta oniomania, fare spese. Magari trovare un’artistica chicca nella bottega ‘Parnaso’, un bazar di elegante antiquariato, dove talvolta vengono esitati oggetti che per la loro rarità valgono un perù. Esso è gestito da Rocco Predellino, un suo mezzo amico. Se egli faccia una capatina in quell’esercizio può cogliere l’occasione, a prescindere dalla possibilità d’acquistare qualcosa, di salutare quel simpatico gaglioffo. È un marpione, ne sa una più del diavolo, e poi è bravissimo a sparare balle. Sarebbe capace, con la coinvolgente favella che si ritrova, di far credere, a qualche ascoltatore un po’ ingenuo, di aver scoperto un nuovo continente.
   Doveva recarsi direttamente nel tempio di judo, ma questa voglia, quasi istintiva, di shopping altera parzialmente il suo progetto, e gli procura guai. Il signor Levriero, infatti, sorridendo nel pensare a quanto Rocco, gran volpone, sia filibustiere, attraversa una strada senza rendersi conto che al centro della carreggiata c’è un piccolo cratere. Egli ha il viziaccio di non guardare, se non ogni tanto, la superficie su cui mette i piedi. In preda a una notevole dose di sfortuna, che lo penalizza quasi quanto lo danneggia la sua autolesionistica distrazione, mette una piota proprio in quel burrone e si fa male.
   Arti marziali? Antiquariato? No, Pronto Soccorso. Potrebbe farne a meno, è affetto solo da un piccolo malessere, ma, essendo alquanto ipocondriaco, si sta preoccupando in modo esagerato. Dovrebbero assegnargli un nuovo codice triage:  BIANCHISSIMO.  Il problema principale è la valenza simbolica del passo falso:  in questo negativo imprevisto la sua orgogliosa reazione si è afflosciata sul nascere. Quando uno non è bravo non è bravo. Aveva ragione il suo complesso d’inferiorità, che è passato in vantaggio, 2-1, risultato forse destinato a rimanere invariato. In lui la meta della gagliardia è un monte, alto come l’Everest e ancora tutto da scalare.

Walter Galasso