SU UNA POESIA DI BERTOLT BRECHT.  DIFESA DEI LAVORATORI DA UN VIP VIPERA E PIP…   [COVER  30 / 2;  OMAGGIO AL PRIMO MAGGIO]

SU UNA POESIA DI BERTOLT BRECHT.  DIFESA DEI LAVORATORI DA UN VIP VIPERA E PIP…   [COVER  30 / 2;  OMAGGIO AL PRIMO MAGGIO]

SU UNA POESIA DI BERTOLT BRECHT.  DIFESA DEI LAVORATORI DA UN VIP VIPERA E PIP…   [COVER  30 / 2;  OMAGGIO AL PRIMO MAGGIO]

DI WALTER GALASSO

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   Bertolt Brecht è un fuoriclasse avvezzo a steccare sul coro -inclusivo, talvolta o forse spesso, di incapaci rispetto ai quali il sistema si macchia artatamente di circonvenzione-, cercando di guadagnare a cause alte qualche ingenuo che non sa nuotare nell’intelligenza e abbisogna d’un teoretico salvagente.
   Nella poesia “Fragen eines lesenden Arbeiters”, “Domande di un lettore operaio”, Made in Classe ed eleganza, opta per un culturale attacco che colpisce, con il primo e ufficiale e più manifesto bersaglio, molte altre colpe, ad esso sottese, da esso sottintese. In uno stile volutamente vago, come emerge già nel e dal titolo, formalmente Brecht non infierisce, si limita a mettere un accento su “Domande”, ma esse sono interrogativi gravidi intrinsecamente di risposte.
   Una poesia ‘incinta’:  porta in grembo un lucidissimo cahier de doléances. Contro una mentalità, monca; contro una visione del mondo, assai provinciale nella sua presunta e ostentata solennità; contro l’imperfezione percettiva di chi vede l’apice di un albero e si dimentica che senza le radici quella vetta e tutto il vegetale non ci sarebbero.
   Come sovente succede quando un grande Autore mette al mondo un capolavoro, e lo fa con passione filosofica, non simulando engagement e senza mettersi in mostra con narcisismo, questa opera, a livello d’interpretazione ermeneutica, si presta a molte chiavi di lettura, dà ansa alla possibilità, nel lettore, di preferire, avendo a disposizione una vasta gamma di contenuti semantici, un aspetto in particolare.
   I versi sono chiarissimi, non abbisognano di note a piè di pagina e postille accademiche per essere compresi. La denuncia ch’essi veicolano rasenta la somiglianza, quanto ad assiomatica evidenza, con “La luce del Sole è migliore di una lampadina”. Qualcuno può confutare questa tesi? No. E analogamente nessuno può contestare l’opera di Brecht. La libertà del lettore può consistere solo nel prediligere una sfumatura, nell’amarne la verità, anzi Le Verità, da un punto di vista invece che da un altro.
   Io, nel celebrarla come un paradigmatico omaggio al Primo Maggio, come un Inno poetico alla Festa Internazionale dei Lavoratori, voglio in questa sede evidenziare soprattutto la batosta ch’essa ama scagliare contro una categoria di pezzi grossi, contro i vip vipere e pip…pe. Mai generalizzare, non mi stanco di ripeterlo. Ognuno è un pianeta a sé stante. Scatta subito la colpa del pregiudizio e del razzismo se si metta alla berlina un’intera categoria, commettendo l’errore d’inserire nello stesso fascio erbe diverse, talvolta diversissime. Difendo i lavoratori solo da quei vip che perdono, in una delirante vanità, il lucido contatto con la realtà, sulla base di un peccato originale -per così dire-: non guardare il cielo stellato sopra di loro e la legge morale dentro il loro animo. Che ingrati! Se l’Universo fosse della stessa pasta d’uno di questi vip lo priverebbe d’una legge morale kantiana, e pure del sublime e metafisico spettacolo d’un cielo pieno di stelle, pensando “questo pallone gonfiato non merita queste due meraviglie”. Invece l’Universo è buono, dona pure al suo animo la chance dell’etica e tutti i valori che le orbitano intorno, ma lui, il vip pip, la sciupa, montandosi la testa e credendo d’essere un superuomo.
   La società va avanti grazie a tutti, grazie al valore di ogni lavoratrice e lavoratore in ogni campo, e anche un protagonista in un determinato settore è un attore mattatore muto, al centro d’una masturbazione intellettuale, se non ha spettatori.
   Una partita di calcio senza pubblico, anche la finalissima del Campionato universale di tutte le Galassie, somiglia a un allenamento, a una partitella senza sale.
   Un campione del piccolo schermo? Se da casa lo seguono solo quattro gatti il suo editore lo licenzia dopo tre secondi -uno in meno rispetto ai mici dell’Auditel-.
   Il boss di una fabbrica multinazionale di mobili, poniamo Ik…? Brecht direbbe: costruisce lui personalmente tutte le sue vendutissime masserizie? Ed è lui che effettua il trasporto e il montaggio a casa di ogni cliente? È lui che nei punti vendita è messo in croce dalle domande dei potenziali clienti, e talvolta suda sette/otto camicie per togliere l’aggettivo ‘potenziale’ e convincere, con simpatia e consigli, gli indecisi? Uno store di Ik non sarebbe ok se non ci fossero le persone che provvedono a fare sistematiche pulizie sui suoi metri quadrati. Sarebbe un puzzolente letamaio, egregio padrone del vapore.
   E una città senza le lavoratrici e i lavoratori della nettezza urbana, siccome lo stato maggiore non toglie la monnezza, diventerebbe sporca, a livello materiale, come nauseabonda a livello morale è la presunzione del vip che se la tira, dimenticandosi che nello Stato ogni lavoratrice e lavoratore è importante e ha dignità.
   Questo ganassa ha tanti volti. È la persona che su un social nemmeno risponde a una email di chi ella reputi inferiore, perché Sua Eccellenza, credendosi in un gotha, si sente nel diritto di essere e fare così.
   È il cantautore che, dopo essere diventato un qualcuno grazie ai suoi fan, quando uno di loro lo riconosce per strada e vuole scattargli una fotografia, in segno di ammirazione e simpatia, come un miserabile si copre, per non offrirgli un eccessivo onore.
   È il personaggio televisivo che, a un’ammiratrice che gli chiede, alla fine di un programma, un selfie, fa sì la grazia e non lo nega, ma aggiunge, con tono assai infastidito, “sbrigati, però, ché vado di fretta”.
   È l’editore d’una Casa editrice, con molte librerie, che nemmeno legge il manoscritto di un esordiente, anche se l’aspirante autore in uno di quei punti vendita abbia, per anni ed anni, comprato tanti suoi prodotti, contribuendo, pur nel suo piccolo, al successo dell’azienda. È…
   La lista è ancora lunga, il concetto è già chiaro. ‘Sto cattivo vip -ci sono, ovviamente, tanti vip bravissimi- è un vanaglorioso soggetto che non rispetta tutti i ruoli e tutti i lavori della e nella società. Ha sbagliato, Bertolt Brecht insegna, Alessandro Magno a non imporre ad apologetici storici la sottolineatura dell’importanza di tutti i suoi collaboratori nelle sue res gesta, figuriamoci quale animadversione possa meritare chi, assai meno importante di lui, ne si crede un collega come superuomo e non porta a ogni altra persona, anche a una con un ruolo sociale non particolarmente prestigioso, il dovuto rispetto.
   Nell’importante giorno in cui si celebra la Festa Internazionale dei Lavoratori voglio tributare a tutti loro, nessuno escluso, i miei complimenti, aggiungendo un ultimo omaggio teoretico. Non sempre, soprattutto in società piene di ingiustizie, chi occupa un ruolo alto è migliore di chi sia più giù nella scala gerarchica. L’imperatore Caligola, che nominò senatore il suo cavallo Incitatus, è ancora in mezzo a noi. Abbondano i suoi epigoni e cloni, sempre pronti a portare in alto chi sia nelle loro grazie, anche se valga poco, pochissimo o niente. A maggior ragione bisogna rispettare pure un umile lavoratore, perché se lo guardiamo bene possiamo accorgerci che il suo volto è mille volte più intelligente, e il suo animo mille volte più etico, di un vip che non meriti di esserlo.
   Il vip vipera pip… è un mediocre, ributtante pirla doc, che spesso svolge tanti mestieri, non sapendone fare bene nemmeno uno, e comunque derogando al dovere di non essere un accumulatore seriale di professioni, solo perché ha la putrida raccomandazione di uno sponsor più stronzo di lui. Questo tipo se la spassa, mentre nella povera gente ci sono tante talentuose persone che a malapena esercitano un mestiere. Faticano -quando il loro reddito non sia aggredito dalla spada di Damocle della disoccupazione- per uno stipendio insufficiente, corrono il rischio di un incidente sul lavoro, hanno nell’animo lo struggente dispiacere di non poter dare alla propria prole tutto il comfort di cui vorrebbero ricoprirla con amore. Figlie e figli che, nella ricerca della loro strada professionale, non partono e partiranno, in pari opportunità, con le stesse chances di tanti fortunati e raccomandati competitors. Marasma di privilegi, mefitica fogna di favorirismi e nepotismi, democrazia e meritocrazia e giustizia prese in giro perché spesso qualcuno, invece di scendere in campo e osteggiare questo malavitoso feudalesimo dei giorni nostri, evita di esporsi per non mettere a repentaglio il suo confortevole ruolo nel sistema.
   Invio a ogni lavoratrice e lavoratore, in questo Primo Maggio pieno di passione libertaria, l’auspicio che il loro Lavoro abbia tutto quello che merita. La speranza splenda alta, perché fin quando nella Storia ci sarà un Bertolt Brecht, fin quando Filosofia Letteratura e Arte saranno campionesse di coraggiosa Razionalità, il Progresso continuerà a evolversi nel Tempo Galantuomo.

Walter Galasso